venerdì 6 agosto 2021

Recensione: "Reo confesso" di Valerio Varesi

 


TRAMA:

Quando Soneri, camminando per il parco della Cittadella della sua Parma, si avvicina a un uomo riverso su una panchina, per capire se è solo un barbone addormentato o se è qualcuno che sta male, certo non immagina che sta per cominciare una delle vicende più assurde e intricate di tutta la sua carriera. L'uomo, infatti, tal Roberto Ferrari, confessa a Soneri di aver appena compiuto un omicidio. Ha ucciso un promotore finanziario che lo aveva rovinato sperperando in affari illeciti e cocaina i risparmi di una vita, che Ferrari gli aveva affidato. Apparentemente, l'indagine più rapida della storia del commissario Soneri, anche perché Ferrari fornisce tutte le prove che servono a dimostrare la sua colpevolezza: c'è la vittima, c'è il movente, c'è il reo confesso. Ma Soneri non è uomo di carte, o di tecnologie, o di impronte digitali. È un uomo di intuito, e il suo intuito gli dice che c'è qualcosa che non torna, che in questa apparente semplicità c'è qualcosa di sospetto. Non immagina quanto ha ragione.


RECENSIONE:

Ritengo che la prima pagina di un libro sia la più importante, poiché già da lì s’intuisce se vale la pena di leggerlo oppure no.

Nei primi paragrafi si palesa com’è stato concepito un romanzo e come l’autore ha deciso di accalappiare l’attenzione del lettore. Ai profani della scrittura questa scelta può sembrare ovvia: una storia la si comincia dall’inizio, ma non è così. Un libro può iniziare anche dalla fine o da una scena passata. Oppure, anche volendo mantenere intatto l’ordine temporale degli eventi, può iniziare con una scena ambientata in una stanza piuttosto che in un’altra, con un personaggio invece di un altro, popolando un ventaglio di possibilità pressoché infinito ed è qui che si sprigiona il talento dell’autore, nella scelta del migliore inizio possibile.

Già dalle prime battute, poi, emerge lo stile dell’autore, la sua competenza, la sua conoscenza, il taglio che ha voluto dare al libro, e il peso che esso avrà nel nostro bagaglio culturale. Ogni libro ha un peso specifico che rappresenta il lascito che esso ci donerà una volta terminata la lettura. Ci sono romanzetti di cui ci si dimentica appena si richiude la copertina (la maggior parte), e ce ne sono altri che invece li si ricorda per sempre.

Reo confesso di Valerio Varesi cade di certo in questa seconda categoria. L’ho capito appena ho letto la sua prima pagina e lo confermo ora che ne ho terminato la lettura.

Un inizio magistrale che lascia ben pochi dubbi sulla qualità di quello che si troverà proseguendo la lettura.

In un libro, oltre alla trama, io cerco l’eleganza e la raffinatezza dello stile, cerco battute a effetto e passaggi narrativi che mi sorprendano per sagacia. Cerco quindi una qualità stilistica che si discosti dalla gran parte dei romanzi che compongono il panorama editoriale moderno, e in Reo confesso” l’ho trovata.

Questa diversità la si ritrova anche nell’insolita trama: c’è un reo confesso e c’è un commissario che invece dubita che sia lui il colpevole. Il commissario in questione è il mitico Soneri, alla sua sedicesima indagine, che si aggira nei vicoli nebbiosi e affascinanti di Parma, in preda a dubbi etici e morali che profumano il romanzo della nostalgica malinconia con cui si guarda ai tempi andati.

Consiglio “Reo confesso” a tutti, poiché quando un libro è ben scritto non importa di che genere sia, vale sempre la pena di leggerlo.

Ora non mi resta che buttarmi su “L’ora buca” sempre di Valerio Varesi.

Buona lettura!


   
 

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