mercoledì 7 giugno 2017

Consigli letterari: "Il corpo dei ricordi" di Daniela Montella

"Il Corpo dei ricordi" di Daniela Montella, edito da Milena Edizioni, è un sorprendente romanzo distopico, in cui il tema è il senso stesso della vita.

In un paradiso terrestre come lo Stato, unico custode della cultura umana in un mondo ormai devastato dalle guerre, la morte è diventata illegale. Paura e dolore sono ridotti ai minimi termini e la tristezza è mal tollerata. Ogni difetto viene eliminato con un colpo di bisturi. Eventuali giovani morti, vittime di incidenti o malattie, tornano in corpi nuovi pieni di ricordi del passato. Yolande, cresciuta dai seguaci di un culto della morte, fatica ad inserirsi nel mondo perfetto. Fra ricordi dolorosi e sogni funesti, il suo unico desiderio è quello di sembrare normale. La situazione precipita quando riceve una telefonata inaspettata: Kristof, il suo amato marito, è appena morto.


Cosa dice l'autrice:
"Questo romanzo è nato come l'elaborazione di un lutto personale. Parla della necessità del lutto e del dolore come parte integrante di un'esistenza volta all'evoluzione, in contrasto con l'esigenza di anestesia della società attuale. La felicità a tutti i costi non è altro che un infelicità mediocre, un'angoscia mascherata. Ho sentito l'esigenza di scriverlo per questo motivo: per ricordare a chi lo leggerà - e a me stessa - la necessità di non respingere il dolore ma di riconoscerlo e affrontarlo per poter guarire, crescere come individui e nutrire la propria anima."

Daniela Montella è nata a Napoli. Si occupa di narrativa, poesia, e arti performative.
Scrive articoli e racconti brevi per ilweb.
Con il collettivo artistico "L'inguine di Daphne" sperimenta la fusione tra musica e teatro.
"Il corpo dei ricordi" è il suo primo romanzo.

Un breve estratto dal libro
L'uomo sapeva essere una creatura sanguigna, aggressiva, dirompente, conquistatrice, distruttrice, sacra, divina, inarrestabile; o meglio, una volta sapeva esserlo. Sapeva dare un'immagine al movimento delle stelle, bere il sangue degli amici traditi, immolarsi per una causa inventata. Nello Stato, invece – nella nuova avanguardia, nelle basi poste per un futuro migliore – l'uomo era una creatura consapevole, rispettosa e coscienziosa che mai e poi mai si sarebbe lasciata andare a quegli atti vergognosi. Mai e poi mai sarebbe tornata ai tempi bui della ragione. In teoria non c'era nulla di male, e Yolande era la prima a pensarlo; ma sapeva anche che qualcosa, qualcosa di terribile e importante, veniva lasciato indietro. Per il bene comune, certo, ma pensava che non ci fosse nulla di cui rallegrarsi. Quell'abominio, quel lato spaventoso dell'uomo, faceva parte della sua natura. Ignorarla come si faceva con la morte era davvero la scelta giusta? Che evoluzione poteva esserci in una specie che decideva deliberatamente di ignorare quello che era e credere nella favola della bontà a senso unico, dell'eternità fittizia?


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