«Anche a inciampare si fa un passo avanti»
Le parti più importanti di un libro sono l’inizio e la fine: il primo ti fa acquistare un libro, il finale te lo fa ricordare. Il rosmarino non capisce l’inverno ha un finale strepitoso, illuminante e dove ogni singolo tassello trova il proprio posto, mostrando l’intreccio sorprendente ed emozionante di una trama ben più complessa di quel che sembra.
Ammetto
che non amo i racconti, prediligo le storie che si srotolano piano piano lungo
testi più lunghi che permettono di assaporarle meglio, sotto ogni punto di
vista. Il racconto, invece, mi dà sempre l’idea di una bozza incompiuta e
frettolosa che finisce troppo presto lasciando un sacco di punti interrogativi.
Questo testo è un insieme di racconti e quindi a tratti ho un po’ subìto le
conseguenze della mia antipatia verso questo tipo di narrativa, ma la scrittura
di Matteo Bussola, così delicata e coinvolgente, mi ha fatto superare questo
limite trascinandomi verso un finale che ha completamente stravolto l’idea che
mi ero fatta di questo testo.
Bussola
dipana con maestria e sensibilità le vite di diciannove donne di età diverse,
che in comune pare abbiano solo il fatto di essere alle prese con periodi
difficili delle loro esistenze, ma in realtà c’è molto di più.
Mi
affascina la sensibilità del Bussola verso un universo, quello femminile, che
lui dice di conoscere poco, ma che invece sembra conoscere benissimo e fra le
righe de Il rosmarino non capisce l’inverno ne coglie le sfaccettature,
le profondità, le difficoltà e la forza delle donne sempre in bilico fra i
doveri e i desideri, fra i luoghi comuni, le aspettative degli altri e la ricerca
di una felicità che la si riconosce solo quando è ormai perduta, ma non è mai
troppo tardi.
«Nell'innocenza del nostro desiderio di incoraggiare, bisognerebbe badare un po' di più alle parole. Se non sopravvivi a una malattia non significa che non sei stato abbastanza guerriero, o che hai combattuto di meno. Chi lo fa, a volte, ha solo avuto più fortuna. Bisognerebbe lasciare il sacrosanto diritto, a un malato, di sentirsi fragile, debole, sconfitto o incazzato. Bisognerebbe evitare di caricargli, oltre al peso della malattia, quello di dover guarire per non deludere le persone a lui care, che gli chiedono "forza, sei un guerriero, ce la fai".»
TRAMA:
«A cosa pensa una donna quando, assordata dalle voci di tutti, capisce all’improvviso di aver soffocato la propria?» In pochi come Matteo Bussola sanno raccontare, con tanta delicatezza e profondità, le contraddizioni dei rapporti umani. In pochi sanno cogliere con tale pudore il nostro desiderio e la nostra paura di essere felici. Una donna sola che in tarda età scopre l’amore. Una figlia che lotta per riuscire a perdonare sua madre. Una ragazza che invece non vuole figli, perché non sopporterebbe il loro dolore. Una vedova che scrive al marito. Una sedicenne che si innamora della sua amica del cuore. Un’anziana che confida alla badante un terribile segreto. Le eroine di questo libro non hanno nulla di eroico, sono persone comuni, potrebbero essere le nostre vicine di casa, le nostre colleghe, nostra sorella, nostra figlia, potremmo essere noi. Fragili e forti, docili e crudeli, inquiete e felici, amano e odiano quasi sempre con tutte sé stesse, perché considerano l’amore l’occasione decisiva. Cadono, come tutti, eppure resistono, come il rosmarino quando sfida il gelo dell’inverno che tenta di abbatterlo, e rinasce in primavera nonostante le cicatrici. Un romanzo in cui si intrecciano storie ordinarie ed eccezionali, che ci toccano, ci interrogano, ci commuovono.
«Ho deciso di scrivere di donne perché non sono una donna. Perché ho la sensazione di conoscerle sempre poco, anche se vivo con quattro di loro. E perché è piú utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già» (Matteo Bussola).
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