domenica 26 settembre 2021

Virginia Woolf: vita, frasi e citazioni

"Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo"



"Nell'ozio, nei sogni, la verità sommersa viene qualche volta a galla"

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"La vita è un sogno dal quale ci si sveglia morendo"

Biografia

In questo piccolo antro di mondo vorrei parlarvi della più grande scrittrice d'avanguardia del Novecento. Di una donna che fece della lotta per i diritti delle donne uno dei più grandi impegni della sua vita, insieme a quello di sovvertire il romanzo classico per renderlo più moderno e rispondente ai mutamenti del carattere umano. Sto parlando di Virginia Adeline Stephen, più comunemente nota come Virginia Woolf.

Nata nel 1882 in una delle famiglie londinesi più in vista e cresciuta in un ambiente eccezionalmente stimolante, frequentò fin da bambina i maggiori intellettuali e scrittori dell'epoca, ma la rigida educazione vittoriana, che prevedeva che solo i figli maschi avessero diritto all'istruzione pubblica, fu per Virginia motivo di enorme frustrazione che mise in lei radici profonde e spianò la strada al suo futuro impegno politico in difesa dei diritti e dell'istruzione delle donne.

Virginia sopperì all'inadeguatezza dell'istruzione ricevuta dedicandosi anima e corpo alla lettura e alla scrittura e servendosi degli insegnamenti dell'amato fratello Thoby, studente di Cambridge.

Nonostante l'infanzia dorata e il grande successo riscosso dalle sue opere, Virginia non riuscì mai a gioire per la propria fortuna. La perdita della madre a soli tredici anni, del padre e del  fratello pochi anni dopo, le ambigue attenzioni del fratellastro e il forte senso di inadeguatezza crearono in lei una frattura profonda che non si rimarginò mai e ne segnò l'intera esistenza, provocandole frequenti crisi depressive che la costrinsero a ripetuti ricoveri in clinica e la portarono a tentare due volte il suicidio, la prima fu proprio dopo la morte del padre, fino al fatidico 28 marzo 1941 quando, terrorizzata all'idea di perdere per sempre la propria lucidità, si riempì le tasche di sassi e si lasciò annegare nel fiume Ouse.


“Il pieno uso delle nostre facoltà significa felicità.”

“Non faccio che udire voci e so che questa volta non ne uscirò. Ho lottato, ma non ce la faccio più.”


Scrivere era per Virginia la "grande gioia" di poter rendere reale per mezzo delle parole il disegno celato dietro il non essere, ossia dietro le apparenze della realtà quotidiana.


"Il piacere di pensarci era tale che mi sentii felice come non mi accadeva da mesi; come messa al sole; o sdraiata su cuscini; e dopo due giorni [...] mi abbandonai al puro diletto di questa farsa: che godo come non ho mai goduto niente", scrisse durante la stesura di "Orlando". 


Per quanto gioisse in quei frangenti, però, la pubblicazione delle sue opere era sempre motivo di gravi crisi: non tollerava la tensione e l'ansia per il giudizio del pubblico e della critica, poiché temeva di non essere capita e che la propria arte a cui aveva dedicato tanto impegno, dedizione ed energia rappresentasse per gli altri una mistificazione.

Fu proprio durante la snervante attesa per l'uscita di "La crociera", la sua prima opera, che Virginia tentò il suicidio per la seconda volta, ingerendo cento pasticche di Veronal, approfittando della momentanea assenza del marito Léonard. Si salvò, ma le crisi si attenuarono solo quando il suo romanzo raccolse il favore della critica e del pubblico.

Oltre alle lotte interiori, Virginia si mise in prima linea per sovvertire i canoni del romanzo classico esaminandone ogni aspetto, vivisezionandolo per renderlo più vivo e attuale. 


"Il carattere umano è mutato, si è fatto frammentario ed elusivo."

"La vita non è una serie di lampioni piantati in forma simmetrica, è un alone luminoso semitrasparente che avvolge la nostra coscienza dall’inizio alla fine. E non è forse compito del romanziere saper rendere questa qualità fluttuante, inconoscibile, inafferrabile, con il minimo intervento di ciò che è sempre esterno ed estraneo?” 


Nonostante la paura del giudizio altrui, e il timore di non essere capita o male interpretata, Virginia Woolf non smise mai di mettere in discussione se stessa e il mondo che la circondava, rifiutandosi di accettare la realtà delle cose per pura convenienza e quieto vivere. Nonostante le proprie incertezze e insicurezze lottò fino alla fine per cambiare le cose, per far sentire la propria voce e il proprio pensiero.


“Esaminiamo per un momento una mente comune in un giorno comune. Essa riceve una miriade di impressioni - banali, fantastiche, evanescenti o scolpite da una punta d’acciaio - che le provengono da tutte le parti. È come una pioggia incessante di atomi... Registriamo gli atomi così come essi cadono sulla mente e nell’ordine in cui cadono, tracciamo il disegno, per quanto sconnesso o incoerente sia all’apparenza, che ogni immagine o incidente incide sulla coscienza”.


E fu attraverso queste profonde riflessioni che prese vita l'innovazione di Virginia ovvero il monologo interiore, il flusso di coscienza che le permise di esplorare meravigliosamente l’interiorità dei personaggi. «Noi siamo zebrati, multicolori».

Il percorso narrativo di Virginia Woolf seguì pedissequamente le sue riflessioni, a partire dai primi lavori "La crociera" e "Notte e giorno" in cui Virginia dimostrò di padroneggiare la tradizione classica del romanzo, e spingendosi via via sempre più oltre immergendosi nel suo Olimpo di introspezione dei personaggi, delle loro complessità emozionali e psicologiche, e snobbando completamente la trama, considerata dalla Woolf "volgarità da giornalisti".


"Niente impalcatura, non si deve vedere un solo mattone".


La cosa sconvolgente di questi romanzi e che testimonia l'estrema bravura, la maestria e il talento di Virginia Woolf è la capacità di tenere il lettore incollato alle pagine dei suoi libri pur non raccontando nulla o quasi. In "Mrs Dollower" tutto si concentra sui preparativi di una festa e in "Gita al faro", considerato il suo più grande capolavoro, ruota tutto attorno ai preparativi di un'escursione che si compirà soltanto dieci anni dopo. È l'Io il protagonista assoluto e indiscusso nelle sue opere, tutto il resto non ha alcuna importanza, poiché per Virginia "È essere, e non fare, ciò che conta".

Oltre a vivisezionare e sovvertire il romanzo classico, Virginia si impegnò attivamente in difesa delle donne e dei diritti umani in generale, sostenendo le suffragette, battendosi per la parità d'istruzione, per l'indipendenza economica ritenuta dalla Woolf basilare per la libertà di ogni donna, e per l'affermazione della cultura femminile, diventando a tutti gli effetti una paladina del femminismo tanto che i suoi scritti, in particolare "Le tre ghinee" e "Una stanza tutta per se" furono rispolverati dalla grande ondata femminista degli anni settanta e proclamarono la Woolf antesignana anche in questo campo. Fu proprio alle donne che Virginia dedicò la maggior parte dei suoi componimenti, disegnando personaggi indimenticabili come Rachel, protagonista de "La crociera" e senza dubbio il più simile a Virginia stessa con le sue inquietudini e il suo usare l'arte (la musica per Rachel e la scrittura per la Woolf) come strumento per esternare il proprio essere, passando per l'effimera quanto profonda Mrs Dollower a cui affidò tutto il proprio sentimento nei confronti della vita e della fuggevolezza di ogni istante vissuto.


"C’è una cosa che conta... una cosa che conta, nella vita, e che viene addobbata di chiacchiere, deturpata, cancellata, di giorno in giorno, lasciata lì a corrompersi, fra chiacchiere e menzogne. Lui, invece - il suicida - l’aveva preservata. La morte è un atto di sfida. La morte è un tentativo di comunicare, allorquando si avverte l’impossibilità di raggiungere quel centro, quella meta che, misticamente, ci elude: ciò ch’è intimo diviene separato; l’estasi si dilegua; si è soli. Nella morte c’è allora un amplesso."

"Lo sa il cielo soltanto difatti perché la si ami sì tanto, ciascuno a suo modo, la vita, inventandosela magari, costruendola ciascuno intorno a sé, disfacendola e creandola daccapo ogni momento."


Ma è ispirandosi alla defunta madre che Virginia Woolf creò, forse, il suo personaggio più intenso, ovvero Mrs Ramsay, la protagonista femminile di "Gita al faro", e fu proprio scrivendone le gesta ed esaltandone il ricordo che Virginia ne elaborò il lutto, benché con trentadue anni di ritardo.


«Probabilmente feci a me stessa quello che gli psicoanalisti fanno ai loro pazienti. Diedi espressione a qualche emozione antica e profonda. Ed esprimendola ne trovai la spiegazione e la potei riporre placata».


La sua ribellione contro il romanzo classico, da lei considerato troppo maschilista, e l'assiduo impegno per il riscatto femminile nacquero dal suo essersi sentita fin da bambina vittima di una società patriarcale, oppressiva e castrante nei confronti delle donne e le esortò a scrivere in quanto donne, orgogliose di esserlo, non dimenticando però che "La mente dell'artista è androgina". A suffragio di questa tesi spezzò la rigida identificazione sociale dei due sessi scrivendo le rocambolesche avventure di Orlando, personaggio ora uomo e ora donna, ispirato all'amica lesbica Vita Sackville West.

La forza di Virginia fu proprio quella di rimanere fedele a se stessa e alle sue convinzioni senza lasciarsi soggiogare dalle proprie debolezze e dalle difficoltà di un mondo in contrasto con il proprio essere e che la riteneva inferiore solo perché donna. Lei si oppose, nonostante i propri disordini emotivi e dimostrò di avere ragione, incrinando vetuste e radicate ideologie, sovvertendone gli schemi e innovando non solo il modo di scrivere, ma anche quello di pensare.

In un'epoca come quella attuale dove il panorama editoriale è affollato di romanzi aventi la medesima banale trama, pretesa spesso dagli stessi lettori felici di anestetizzarsi nella placida e sicura certezza di una trama senza sorprese, un’epoca protesa verso l'apparire più che l'essere e il sentire, un'epoca che privilegia l'estetica e che snobba l'introspezione, viene da chiedersi se non ci sia il bisogno della lucida follia di Virginia Woolf che sovverta gli schemi e scuota le menti per ricordarci che è nella profondità di noi stessi - e dei personaggi - che dobbiamo concentrare le nostre energie poiché è solo lì, e non altrove, l'essenza stessa della vita.





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